Giovani frati in cammino

...vieni a seguirci su Facebook!

Frati in preghiera

Rapisca, ti prego, o Signore,l'ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell'amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell'amor mio.

Santa Maria Madre di Dio prega per noi

Ave, Signora, santa regina, santa Madre di Dio, Maria,che sei vergine fatta Chiesa.

Giovani frati itineranti

Una gita a Perugia

lunedì 28 novembre 2011

SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE (1894-1941)


“L'odio non è forza creativa;
solo l'amore crea”


A che serve oggi scrivere il profilo, il ritratto di un tizio famoso? Siamo letteralmente sommersi da fonti più o meno autorevoli cui attingere per tirarne fuori pressoché tutto quello di cui abbiamo bisogno,  date, pensieri, curiosità.
Lo stesso vale per i santi, basta una sbirciatina su Internet per conoscere ogni particolare, per soddisfare ogni curiosità, soprattutto se il santo di cui si va in cerca porta un nome altisonante come quello di Massimiliano Kolbe.
Se abbiamo la pretesa di dire qualcosa di lui in questo piccolo spazio non è per aggiungere novità a quanto è già stato detto, tanto meno per offrire uno studio erudito e accademico. No, se scriviamo, è solo per ricordare più a chi scrive che a chi legge quanto grande sia la sfida che ci viene da un gigante della fede e dell’amore come quello che stiamo per raccontare.
Andiamogli incontro a Massimiliano, ingoiamo timore e saliva e cerchiamo il coraggio per ascoltare quello che la sua storia ha da dirci.
Questa storia, in particolare, e la gran parte degli spunti che la compongono proviene da un breve articolo scritto dal carmelitano Antonio Sicari; sulla rete, se volete, trovate tutto.

Massimiliano Kolbe nasce nel 1894 in un impronunciabile paesino della Polonia centrale, da una famiglia di piccoli artigiani. Giovanissimo, a soli 13 anni, entra nel seminario dei francescani conventuali e, come si usava all’epoca, a 16 anni è già in noviziato.
Terminata la scuola i suoi superiori riconoscendo in lui non piccole qualità e non ultime quelle intellettuali decidono di mandarlo a Roma a studiare filosofia e teologia.
Con la sua mente a “vocazione matematica” tra Aristotele e Kant trova il tempo per dedicarsi alla sua passione: la scienza. Arriva addirittura a progettare un aereo e, dicono gli esperti, avrebbe funzionato!
Abita in lui però una passione ben più grande, un fuoco lo accende e riempie di energie: come san Francesco, ha una concezione cavalleresca della vita, ma la sua dama attesa, amata e invocata non veste abiti di terra, è la Madonna. A lei si affida con cuore di figlio e le espressioni d’affetto che le rivolge sono quelle che solo una fede genuinamente popolare come quella polacca è capace di coniare. In Maria Massimiliano riconosce la donna e la madre amorosa che avrebbe portato ogni uomo alla fede nel suo figlio Gesù.

Così, con un gruppo di sognatori come Lui, in un piccolo convento dei frati a Roma fonda la Milizia dell’Immacolata. Il loro intento ha dell’incredibile: sono un pugno di giovanotti eppure l’associazione che fondano intende conquistare il mondo intero a Maria e, attraverso lei, a Cristo!

Nel frattempo i suoi studi proseguono: nel 1915 si laurea in filosofia nel 1919 in teologia.
Ma l’impegno universitario non lo distoglie dal contatto con la realtà. Durante una visita in Vaticano si imbatte in una processione di anticlericali-massoni intenti a celebrare Giordano Bruno con uno stendardo nero su cui Lucifero schiaccia S. Michele Arcangelo. Sentendo inneggiare a Satana e lanciare oltraggiose offese al papa, si convince che è arrivata l’ora di rompere gli indugi e di gettarsi anima e corpo nella missione.
Lo fa con risultati che hanno del sensazionale: nel 1927 inizia a costruire dal nulla un'intera città a circa 40 km da Varsavia. E’ Niepokalanow, la città dell'Immacolata.
In pochi anni sorge un complesso-editoria completo di redazione, biblioteca, zincografia con i gabinetti fotografici, tipografie. Dall’altra parte della… città, ecco la cappella, le abitazioni dei religiosi, il noviziato, la direzione generale, l'infermeria, i laboratori per i falegnami, per i calzolai, per i sarti, nonché le grandi rimesse per i muratori e addirittura il corpo dei pompieri.
Se vi pare poco, aggiungiamoci anche la piccola stazione ferroviaria con il binario di raccordo con quella pubblica e statale e i progetti di un aeroporto con quattro velivoli e di una stazione radio trasmittente.
Quello che stupisce è che se da un lato per fra Massimiliano  “non c'è sistema di comunicazione troppo veloce, per lui, il veicolo del missionario dovrebbe essere l'aereo ultimissimo modello”; d’altra parte le sue convinzioni sullo stile di vita dei frati sono inequivocabili. Quando nel 1930 arriva in Giappone per lanciare anche in terra nipponica il contagio missionario della Milizia,  a chi lo osserva si presenta così: “senza un soldo in tasca, questuando incessantemente col proverbiale saio rappezzato. Era un fenomeno di energia e di talento organizzativo. Intraprendeva ogni iniziativa letteralmente con le proprie mani. Mescolava la calce e portava i mattoni nel cantiere, lavorava alla cassa di composizione in tipografia. A Nagasaki intraprese l'edizione della versione locale de 'Il Cavaliere dell’Immacolata' senza sapere una parola di giapponese...”.

Ma gli anni ruggenti della missione stanno per concludersi in modo repentino e brutale: tornato in Polonia e arrestato una prima volta assieme ad alcuni suoi frati, il 17 febbraio 1941 viene prelevato da alcuni agenti tedeschi e questa volta la destinazione porta il nome della morte: Auschwitz. Qui il raggelante tentativo nazista di trasformare l’essere umano in numero e oblio si imprime a fuoco sulla pelle di Massimiliano: diventa il n. 16670.
Non c’è bisogno di molte parole: Auschwitz è il punto nero della storia, nessuna luce sembra poterlo attraversare né fuoriuscirne. Eppure è proprio qui che l’inopinabile avviene. E’ ormai piena estate quando un detenuto del blocco 14 riesce a fuggire. Massimiliano è stato assegnato a quel blocco solo da pochi giorni. Per tre ore tutti i blocchi vengono tenuti sull'attenti. Alle 9, per la misera cena, le file vengono rotte. Non così il blocco 14, costretto all’immobilità mentre il cibo viene versato in un canale.
Il giorno dopo, il blocco resta tutto il giorno allineato sulla piazza: distrutti dalla fame, dal caldo, dall'immobilità, dall'attesa terribile. Quando gli altri blocchi tornano dal lavoro viene decisa la decimazione: per un prigioniero fuggito dieci saranno condannati a morte nel bunker della fame. Un “prescelto” al pensiero della moglie e dei figli si mette a urlare il suo terrore. E’ allora che padre Massimiliano esce dalla fila, si muove incontro a Fritsch, il Lagerfuehrer, capo del campo. Offre la sua vita al posto di quell'uomo che nemmeno conosce. E lo scambio, inspiegabilmente, viene accettato. “Il miracolo, per intercessione di P. Kolbe, Dio lo compie in quell'istante”.
Quanto accade in seguito non è la cronaca di una morte in un lager nazista, ma la narrazione gloriosa di una vita donata, di un martirio d’amore. 
“Da quel giorno, da quella accettazione, il campo possedette un luogo sacro. Nel blocco della morte i condannati vennero gettati nudi, al buio, in attesa di morire per fame. Non venne dato loro più nulla, nemmeno una goccia d'acqua. La lunga agonia era scandita dalle preghiere e dagli inni sacri che P. Kolbe recitava ad alta voce. E dalle celle vicine gli altri condannati gli rispondevano”.
Massimiliano morirà finito da un’iniezione di acido fenico proprio il 14 agosto, la vigilia di una delle feste mariane da lui più amate: l'Assunta.

Tra le molte cose dette e scritte al riguardo di padre Massimiliano, ci piace sottolinearne una: egli fu un vero frate francescano. Nella sua indomita tensione missionaria mai perse di vista l’essenziale: “l'attività più importante è in pieno svolgimento, vale a dire la preghiera... la più grande potenza dell'universo, capace di trasformare noi e di cambiare la faccia del mondo... L'attività esterna è buona, ma, ovviamente, è di secondaria importanza... Solo attraverso la preghiera è possibile raggiungere l'ideale”.
Ma ciò che lega il cuore di Massimiliano a quello di Francesco, e di entrambi al cuore di Cristo, è qualcosa se possibile di ancora più profondo: l’amore all’amore. E’ davvero l’amore la cifra dell’esistenza di Massimiliano Kolbe, amore per ogni uomo, amore per Maria, amore per il Signore.
L'odio non è forza creativa; solo l'amore crea... Queste sofferenze non ci spezzeranno, ma ci aiuteranno a diventare sempre più forti. Sono necessarie, insieme ai sacrifici degli altri, perché chi verrà dopo di noi possa essere felice”. In queste parole, san Massimiliano. 

clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE

Incontriamo un nostro confratello
ben conosciuto soprattutto da chi, di noi,
ha vissuto l'anno di Noviziato ad Assisi,
ma noto oltre i confini umbri
per la sua passione e competenza come musico e compositore


Fr. Giuseppe Magrino è un frate minore conventuale della provincia patavina. Dopo gli studi e dopo l'ordinazione sacerdotale, ha prestato servizio presso la chiesa di san Lorenzo in Vicenza e presso il santuario antoniano dell'Arcella a Padova. Dal 1998 si trova presso la Pontificia Basilica di San Francesco in Assisi come direttore dell'omonimo coro.



DOVE E QUANDO HA INIZIO LA TUA PASSIONE PER LA MUSICA E COSA TI HA COLPITO IN PARTICOLARE?

Credo che la passione per la musica mi sia stata trasmessa da mio padre, ma soprattutto da mia madre.
Tutti i fratelli di mio padre suonavano nella banda della Polizia a Roma per cui... invece mia madre aveva un gusto naturale, anche se non aveva studiato musica, nonostante fosse un suo desiderio; però capiva velocemente quando uno suonava bene oppure no.
Quando usciva il cartellone del balletto io ero "costretto" ad accompagnare mia madre a teatro (a Brescia) e sorbirmi quelle serate interminabili, ma solo adesso capisco quanto bene mi ha fatto sentire e vedere la musica.
Nella mia passione per la musica devo anche ringraziare gli insegnanti di pianoforte e di organo che ho avuto nella mia giovinezza, sia in America (Uruguay) che a Brescia, Padova e Milano. Mi sono sempre sentito capito, aiutato ed incoraggiato, nonostante i diversi momenti di sconforto tipici di un giovane che cercava di conciliare la vocazione religiosa e la musica.

IN QUESTI ANNI DA DIRETTORE DEL CORO  DELLA BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI, HAI QUALCHE PARTICOLARE IMPRESSIONE O RICORDO CHE HA LASCIATO IL SEGNO (UN INCONTRO, UN ANEDDOTO SIGNIFICATIVO ECC...)?

In questi anni, lavorando in Basilica, ho potuto fare diverse esperienze che mi hanno dato "ossigeno" per il mio lavoro a capo della Cappella Musicale.
Ricordo con particolare piacere quando la sera di Natale di qualche anno fa', alla fine della celebrazione di mezzanotte, si è avvicinata una coppia con il loro figlio di dodici anni che mi dice: "caro padre, il nostro figlio è cresciuto con la sua musica, sono anni che ceniamo in anticipo e poi partiamo per venire ad ascoltarla"; a buon intenditore poche parole.
Una seconda esperienza per me molto importante è quella del due novembre: prima della Messa per i defunti incontro una persona ammalato di tumore, ormai prossima alla fine; è chiara la disperazione mista al dolore dipinto sul suo viso (potete immaginare con quale animo sono andato in chiesa a dirigere il coro). Quel giorno abbiamo eseguito la Missa pro Defunctis di padre Domenico M. Stella. Dopo qualche giorno ricevo una lettera di ringraziamento dei familiari di questa persona, i quali affermano che dopo aver ascoltato una liturgia così solenne l'ammalata si è rasserenata ed ha affrontato la morte più serenamente.
La terza esperienza è senz'altro l'incontro che ho avuto con papa Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo degli artisti il 18 febbraio 2000 nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Per me è rimasto uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Poter eseguire alla presenza del Santo Padre il "Cantico delle Creature" di p. Stella e la "Tota Pulchra" di p. Borroni e poi il colloquio personale con lui sotto gli occhi di insigni artisti quali Franco Zeffirelli, Carla Fracci, Luciano Berio...

COME PUO' LA MUSICA SACRA OGGI ESPRIMERE AL POPOLO DI DIO LA BELLEZZA E LA GRANDEZZA DI DIO NELLA LITURGIA?

Io credo che la bellezza si esprime attraverso l'arte. Cantare a Dio con arte vuol dire che ogni celebrazione, ogni liturgia quando è preparata bene, cantata bene, suonata bene, recitata bene, è immagine della bellezza di Dio.
Dobbiamo solo avere il coraggio di andare oltre al "mi piace" o "per me è così"; dobbiamo andare a cercare il bello e allora ti accorgi che incontri Dio in tutto il suo splendore.


clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE


                                                                                                         

sabato 26 novembre 2011


Prima domenica di Avvento
Mc 13,33-37




Inizia l’Avvento!
Già un senso di gioia e d'attesa per l'avvicinarsi del Natale . . . 
. . . attesa che è preparazione e VIGILANZA.


Gesù ci consegna la VIGILANZA come stile di vita:

facciamo delle nostre giornate una preghiera incessante,
un dialogo di profonda amicizia con Dio,
una conversione  della nostra esistenza
verso il cuore di Dio,
un dono di beatitudine a chi ci sta accanto!


Gesù . . . Maria,
prendeteci per mano lungo il cammino
e se faticheremo o addirittura ci annoieremo
nell'attendere e nel pregare,
donateci la forza di perseverare fino all’incontro sospirato,
fino alle nozze del cielo . . . 

clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE

lunedì 21 novembre 2011

Quaresima Francescana



Dice il Signore: "Questa specie di demoni non se ne può andare se non con il digiuno e con la preghiera" (Mc 9,28 Vg).
E ancora: "Quando digiunate, non assumete un'aria malinconica come gli ipocriti" (Mt 6,16).

... E similmente tutti i frati digiunino
dalla festa di Tutti i Santi fino al Natale...
(Fonti Francescane 9. 12)




O PADRE NOSTRO,
ben poca cosa è il digiuno
dalla nostra sovrana volontà . . .
dai nostri radicati egoismi . . .
dalla nostra pretesa di verità . . . 
dalle nostre borghesi clausure . . .
a confronto col nostro grande peccato!

Ma questo piccolo digiuno
sia come un'offerta d'amore
e un dolce appello al tuo cuore misericordioso.
Guardaci o SIGNORE
e riconosci in noi l'immagine del tuo Figlio Gesù
che hai mandato
perchè non perdesse nulla
di quanto a Lui desti (cf. Gv 6,39).

Questi giorni di penitenza
ci rendano poveri
e pronti ad accogliere
la grazia del Santo Natale.




sabato 19 novembre 2011


20 novembre 2011
Domenica Cristo Re
Mt 25,31-46





«Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi».   (Mt 25,34-36)                                                                                              

Quest'ultima domenica del tempo ordinario ci propone questo vangelo, che potremmo definire come il testamento che la Chiesa, nella liturgia, ci affida.
Questo è un "testamento" che non ha bisogno d'interpretazioni; è privo di ogni equivoco, limpido nella sua evidente esigenza.

La chiarezza di Gesù giunge a proclamare la praticità dell'amore, cioè la carità.
Siamo distanti dall'idea di sentimentalismo 
che spesso caratterizza il termine amore.
Gesti concreti, che assumono le tinte forti del dolore 
a volte, nella coerenza di voler essere davvero 
fratello tra fratelli.


La croce di Gesù è scelta d'amore, non di dolore
è il trono di Cristo Re.

Affidiamoci alla sua parola, meditiamola, assimiliamola, pratichiamola.



«La carità è paziente, è benigna la carità;
non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,
non manca di rispetto, non cerca il suo interesse,
non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità».  
                                                      (1 Cor 13,4-6)


clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE




sabato 12 novembre 2011

13 novembre 2011
Trentatreesima domenica 
del Tempo Ordinario
Mt 25,14-30




«Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento; ecco qui il tuo!». 
(Mt 25,24-25)

L'idea sbagliata di Dio provoca una grave distorsione. Dio risulta essere un padrone e non per ciò che è veramente, un Padre!


Tutte le volte che diamo spazio all'auto-referenzialità, ecco che ci troviamo a sbattere contro il muro dell'incomprensione del volto di Dio. La paura ci paralizza, come succede al terzo servo della parabola di questa domenica, incapace di vedere oltre sé stesso.
Mentre un cuore aperto, disponibile e paziente, è appunto un cuore che allarga l'orizzonte sul nostro Padre. 

Vedere Dio 
è gettare le redini della nostra volontà 
sul Suo cuore 
per catturare 
l'immagine vera riflessa in noi. 
Capire che la fatica 
della disponibilità e della carità 
è il centro del vivere da discepoli, 
è cominciare a scorrere 
pagine di vita eterna.


Si scrive “pienezza di vita” solo in collaborazione con il Signore, mai in detrazione. Si scrive “uomo” solo quando si scrive: “provo a considerare Dio nella mia vita”.


«Credo; aiutami nella mia incredulità!» (Mc 9,24)


clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE



domenica 6 novembre 2011


06 novembre 2011
Trentaduesima domenica del Tempo Ordinario
Mt 25,1-13


"In verità vi dico: non vi conosco" (v. 12)




Come è possibile, Signore?
siamo qui...invitati alle nozze...
...vogliamo entrare anche noi a danzare la gioia...
Abbiamo solo dimenticato quei piccoli vasi,
riserve di olio per le nostre lampade!


AMICI,
guardate le foglie d'autunno
come sono belle con i loro colori caldi,
paiono piccole icone...
è sapiente la natura a rivestire di tale bellezza le foglie
per prepararle al ritorno alla terra!
Facciamoci anche noi belli 
per lo sposo della nostra anima...
...così che ci riconosca e ci inviti a danzare la gioia eterna!


È l'amore che ci fa belli,
perchè ci fa assomigliare a Gesù,
Lui che è l'Amore,
Lui che è il più bello tra i figli dell'uomo (Sal 44)!


...e l'amore sta in piccoli vasi...
...è umile: SERVE!
...è discreto: BUSSA!
...è silenzioso: SUSSURRA!
...è felice: SORRIDE! 
è santo: SALVA!


clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE



martedì 1 novembre 2011


S o l e n n i t à  di

O g n i s s a n t i

  


«In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte.
Si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: "Beati..."».  (vv 1-3a)

Gesù, nel discorso della montagna,
proclama solennemente
la via per seguire il Vangelo con una parola lapidaria:
Beati, cioè felici...
E' importante
recuperare la dimensione della gioia cristiana!

I santi ci indicano la strada privilegiata
per rispondere con il cuore
al costante richiamo d'amore di Dio.
SAN FRANCESCO raccomanda ai suoi stessi frati
la via della gioia
con questa semplice, ma efficace esortazione:

«Si guardino i frati dal mostrarsi  tristi  all'esterno
e oscuri in faccia come gli ipocriti,
ma si mostrino  lieti nel Signore
e giocondi e garbatamente amabili» 
(FF 27)

I cristiani volgono lo sguardo con fiducia
al crocifisso Risorto, 
l'annuncio della vita redenta
che ha sconfitto  la morte! 

Uniamoci alla preghiera dei santi:
 "Gloria a Dio nell'alto dei Cieli
e pace in terra"


clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE