“Ed ecco la stella … li precedeva, finché giunse e si fermò sopra
il luogo in cui si trovava il bambino” (Mt 2,9). I Magi arrivarono a
Betlemme perché si lasciarono docilmente guidare dalla stella. Anzi, “al
vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10). E’
importante, carissimi, imparare a scrutare i segni con i quali Dio ci
chiama e ci guida. Quando si è consapevoli di essere da Lui condotti, il cuore
sperimenta una gioia autentica e profonda, che si accompagna ad un vivo
desiderio di incontrarlo e ad uno sforzo perseverante per seguirlo docilmente.
“Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre” (Mt
2,11). Niente di straordinario a prima vista. Eppure quel Bambino è diverso
dagli altri: è l’unigenito Figlio di Dio che si è spogliato della sua gloria
(cfr Fil 2,7) ed è venuto sulla terra per morire in Croce. E’ sceso tra
noi e si è fatto povero per rivelarci la gloria divina, che contempleremo
pienamente in Cielo, nostra patria beata.
Chi avrebbe potuto inventare un segno d’amore più grande? Restiamo
estasiati dinanzi al mistero di un Dio che si abbassa per assumere la
nostra condizione umana sino ad immolarsi per noi sulla croce (cfr Fil
2,6-8). Nella sua povertà, è venuto ad offrire la salvezza ai peccatori
Colui che - come ci ricorda san Paolo - “da ricco che era, si è fatto povero
per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor
8,9). Come rendere grazie a Dio per tanta accondiscendente bontà?
I Magi incontrano Gesù a “Bêt-lehem”, che significa “casa
del pane”. Nell’umile grotta di Betlemme giace, su un po’ di paglia, il “chicco
di grano” che morendo porterà “molto frutto” (cfr Gv 12,24).
Per parlare di se stesso e della sua missione salvifica Gesù, nel corso della
sua vita pubblica, farà ricorso all’immagine del pane. Dirà: “Io sono il pane
della vita”, “Io sono il pane disceso dal cielo”, “Il pane che io
darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 35.41.51).
Ripercorrendo con fede l’itinerario del Redentore dalla povertà del
Presepio all’abbandono della Croce, comprendiamo meglio il mistero
del suo amore che redime l’umanità. Il Bambino, adagiato da Maria nella
mangiatoia, è l’Uomo-Dio che vedremo inchiodato sulla Croce. Lo stesso Redentore
è presente nel sacramento dell’Eucaristia. Nella stalla di Betlemme si
lasciò adorare, sotto le povere apparenze di un neonato, da Maria, da Giuseppe e
dai pastori; nell’Ostia consacrata lo adoriamo sacramentalmente presente
in corpo, sangue, anima e divinità, e a noi si offre come cibo di vita eterna.
La santa Messa diviene allora il vero appuntamento d’amore con Colui che
ha dato tutto se stesso per noi. Non esitate, cari giovani, a rispondergli
quando vi invita “al banchetto di nozze dell’Agnello” (cfr Ap
19,9). Ascoltatelo, preparatevi in modo adeguato e accostatevi al Sacramento
dell’Altare.
“E prostratisi lo adorarono” (Mt 2,11). Se nel bambino
che Maria stringe fra le sue braccia i Magi riconoscono e adorano l’atteso delle
genti annunziato dai profeti, noi oggi possiamo adorarlo nell’Eucaristia e
riconoscerlo come nostro Creatore, unico Signore e Salvatore.
“Aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra” (Mt 2,11). I doni che i Magi offrono al Messia simboleggiano
la vera adorazione. Mediante l’oro essi ne sottolineano la regale divinità; con
l’incenso lo confessano come sacerdote della nuova Alleanza; offrendogli la
mirra celebrano il profeta che verserà il proprio sangue per riconciliare
l’umanità con il Padre.
Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia
la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua
chiamata; fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera
ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno
di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un
malfattore sul Golgotha.
Siate adoratori dell’unico vero Dio, riconoscendogli il primo posto
nella vostra esistenza! L’idolatria è tentazione costante dell’uomo.
Purtroppo c’è gente che cerca la soluzione dei problemi in pratiche religiose
incompatibili con la fede cristiana. E’ forte la spinta a credere ai facili
miti del successo e del potere; è pericoloso aderire a concezioni evanescenti
del sacro che presentano Dio sotto forma di energia cosmica, o in altre maniere
non consone con la dottrina cattolica.
Giovani, non cedete a mendaci illusioni e mode effimere
che lasciano non di rado un tragico vuoto spirituale!
L’adorazione del vero Dio costituisce un autentico atto di
resistenza contro ogni forma di idolatria. Adorate Cristo: Egli è la Roccia
su cui costruire il vostro futuro e un mondo più giusto e solidale. Gesù è il
Principe della pace, la fonte di perdono e di riconciliazione, che può
rendere fratelli tutti i membri della famiglia umana.
“Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt
2,12). Il Vangelo precisa che, dopo aver incontrato Cristo, i Magi tornarono al
loro paese “per un’altra strada”. Tale cambiamento di rotta può simboleggiare
la conversione a cui coloro che incontrano Gesù sono chiamati per diventare
i veri adoratori che Egli desidera (cfr Gv 4,23-24). Ciò comporta
l’imitazione del suo modo di agire facendo di se stessi, come scrive l’apostolo
Paolo, un “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. L’Apostolo
aggiunge poi di non conformarsi alla mentalità di questo secolo, ma di
trasformarsi rinnovando la mente, “per poter discernere la volontà di Dio,
ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto” (cfr Rm 12,1-2).
Ascoltare Cristo e adorarlo porta a fare scelte coraggiose, a
prendere decisioni a volte eroiche. Gesù è esigente perché vuole la nostra
autentica felicità. Chiama alcuni a lasciare tutto per seguirlo nella vita
sacerdotale o consacrata. Chi avverte quest’invito non abbia paura di
rispondergli “sì” e si metta generosamente alla sua sequela. Ma, al di là delle
vocazioni di speciale consacrazione, vi è la vocazione propria di ogni
battezzato: anch’essa è vocazione a quella “misura alta” della vita cristiana
ordinaria che s’esprime nella santità.
Quando si incontra Cristo e si accoglie il suo Vangelo, la vita cambia e si è
spinti a comunicare agli altri la propria esperienza.
Dal messaggio per la XX giornata mondiale della gioventù, Papa Giovanni Paolo II
0 commenti:
Posta un commento