Ventisettesima domenica
del Tempo Ordinario
Mc 10,2-16
I
farisei, non sono persone malvagie. Forse solo stanche. Quando si
rivolgono a Gesù, chiedono se la legge, che Mosè aveva dato loro in
nome di Dio, fosse sufficiente o meno ad essere buoni ebrei. Forse
pensavano bastasse essere “a posto”, amare, ma in un modo che non
li scomodasse troppo.
Questo
vangelo può essere letto come il richiamo ad una relazione che
ecceda la misura del dovuto e del giusto, che corrisponde alla vera
vocazione dell'uomo: amare qualcuno. Le parole di Gesù mostrano la
fiducia nella capacità dell'uomo di una donazione che è totale, per
sempre.
Davvero
si può confrontare questo amore, che è ad un tempo una promessa e
una richiesta, con le possibilità di ogni persona che
quotidianamente affronta la stanchezza, la fatica, l'insoddisfazione?
In
altre parole, si può amare cosi?
Amare
è una scelta e un dono.
Parlando ai farisei, Gesù ricorda che la
scelta, in questo caso del matrimonio, affonda le sue radici in un
dono che Dio ha fatto all'uomo di un aiuto che gli corrispondesse.
Dio dona all'uomo una moglie che amasse e dalla quale fosse amato. Come
è possibile rispondere a questo dono in una misura senza misura?
L'unica
possibilità è che amare non sia la conquista vittoriosa di un
momento quanto piuttosto iniziare un percorso, che chiede tempo, mai
del tutto terminato, che ha la forma di una circolarità aperta: più
mi sento amato, più desidero donarmi a qualcuno. L'amore spinge ad
amare.
E
questo movimento, che è vita, deve essere qualcosa di veramente
bello, del quale non si possa più fare a meno. Risuonano chiare le
parole di Charles
de Foucauld:
Ed è per me un'esigenza d'amore il donarmi,il rimettermi nelle tue mani senza misura, con una confidenza infinita, poiché tu sei il Padre mio.
Signore,
dona vita a quelli che non l'hanno. Dona agli altri coraggio e forza
per continuare a camminare.
clicca qui per tornare alla PAGINA INIZIALE
0 commenti:
Posta un commento