Rapisca, ti prego, o Signore,l'ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell'amor tuo,
come tu ti sei degnato morire per amore dell'amor mio.
Gesù prende la strada che lo condurrà alla croce e ci va come un povero, vincolato dai capricci degli uomini che potranno anche rifiutare di accoglierlo, abbandonato alla volontà del Padre dal quale non aspetta nessun intervento miracoloso o spettacolare. Chi vuole seguirlo deve accettare questa povertà: non avere una casa dove riposare tranquillamente, volersi disponibile anche al costo di tagliare alcuni "ponti", senza uno sguardo nostalgico verso il passato, ma proteso verso la meta, cioè la vita eterna.
Voglio ringraziarti, Signore per il dono della
vita; ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto: possono
volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che tu abbia un’ala
soltanto, l’altra la tieni nascosta, forse per farmi capire che tu non vuoi
volare senza di me; per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo
compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te, Perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla, vivere è abbandonarsi come un gabbiano
all’ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l’avventura della libertà. Vivere è
stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un
partner grande come Te. Ma non basta saper volare con Te, Signore. Tu mi hai
dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare. Ti chiedo
perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi. Non
farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica
ala inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine e si
è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te; soprattutto per
questo fratello sfortunato, dammi, o Signore, un’ala di riserva.
“Chi sono io per te?”. Questa è la domanda che il Signore rivolge a
ciascuno di noi. Una questione che ci tocca nel profondo e che ci mette
continuamente in discussione, perché nasce da una Sua iniziativa e pertanto
esige da parte nostra una risposta autentica che non sia semplicemente frutto
di idee approssimative o di preconcetti. Non è possibile evitare il
coinvolgimento, lasciando rispondere gli altri in nostra vece, perché le parole
di Gesù esprimono chiaramente una richiesta di relazione personale, senz'altro
impegnativa, ma la sola in grado di realizzarci pienamente. Non temiamo,
dunque, di lasciarci provocare in questo cammino di graduale scoperta del Suo
volto e restiamo uniti a Lui, anche se seguirlo significherà condividerne il
medesimo destino… che è sì un destino di croce, ma anche e soprattutto di
risurrezione!
"L'ispirazione principale per questo video è il desiderio di rendere il più alto onore a Dio e invitare altri a lodare il Creatore. Questo è quello che ha fatto San Francesco d'Assisi, lodando il Creatore nelle Sue creature. Così i suoi figli spirituali vogliono seguire l'esempio del Serafico Padre."
Traduzione della canzone dal polacco: Salmo 131 Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia.
«E' una peccatrice!» (Lc 7,39). Questo è il grido scagliato dal fariseo, ma è anche il grido di ogni uomo lontano da Dio. Quello che per il fariseo è odore di morte, per Gesù è profumo di vita. Quale distanza separa il fariseo da Gesù, pur essendogli accanto! La "peccatrice" è una donna che, sì, ha peccato, ma ha anche tanto amato. Ella rende onore alla vita buona offrendo il suo pentimento come incenso profumato e lacrime come balsamo. Tutto il resto è amore, servizio per il prossimo. Ella si china sui piedi di Gesù, li bagna, li asciuga, li bacia, compiendo i medesimi gesti di Gesù nella lavanda dei piedi. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per...» (Gv 15,13). Questa esperienza è intrinsecamente spirituale perchè abitata dallo Spirito Santo da parte di coloro che hanno gli occhi puntati su Gesù, riconosciuto come l'unica speranza, come il vero e unico salvatore. C'è allora gioia nel regno di Dio per ogni figlio che torna sulla strada della vita.
Allora rendiamo grazie al Maestro, dono incommensurabile dentro la vita di ciascuno di noi.
Sant'Antonio è un uomo di Dio, senza "se" e senza "ma". Egli è tutto orientato al Signore perchè ha sempre combattuto la "buona battaglia" della fede. Egli ci ricorda l'importanza del combattimento spirituale, cioè, quella lotta che ha come fine l'adesione al Signore Gesù. Non si può essere suoi discepoli senza il rinnegamento del male che ci abita dentro. Questa battaglia si vince solo confidando nel Signore e nella sua grazia, ma non solo... La misericordia ricrea in ogni momento la nostra vita. Affidiamoci sempre all'amore di Dio che possiamo sperimentare anche nel sacramento della Riconciliazione, di cui sant'Antonio è stato un grandissimo interprete e promotore. Non dobbiamo avere paura di Dio che, ancora oggi, è in mezzo a noi con il suo infinito amore ri-creatore, ossia, misericordioso! Chiediamo a sant'Antonio il miracolo della guarigione interiore.
«Nei suoi Sermoni, Antonio di Padova parla della preghiera come di
un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il
Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima in
orazione. Antonio ci ricorda che la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio
che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore,
che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima,
creando il silenzio nell’anima stessa. Secondo l’insegnamento di questo insigne
Dottore francescano, la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti,
indispensabili, che, nel latino di Antonio, sono definiti così:obsecratio, oratio,postulatio,gratiarum actio. Potremmo
tradurli nel modo seguente: aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio;
questo è il primo passo del pregare, non semplicemente cogliere una parola, ma
aprire il cuore alla presenza di Dio; poi colloquiare affettuosamente con Lui,
vedendolo presente con me; e poi – cosa molto naturale - presentargli i nostri
bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo. In questo insegnamento di sant’Antonio
sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana,
di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo assegnato all’amore divino, che
entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la
sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza.
Infatti, amando, conosciamo.
Scrive ancora Antonio: “La carità è l’anima della fede, la rende
viva; senza l’amore, la fede muore” (Sermones Dominicales et FestiviII).
Soltanto un’anima che prega può compiere progressi nella vita
spirituale: è questo l’oggetto privilegiato della predicazione di sant’Antonio.
Egli conosce bene i difetti della natura umana, la nostra tendenza a cadere nel
peccato, per cui esorta continuamente a combattere l’inclinazione all’avidità,
all’orgoglio, all’impurità, e a praticare invece le virtù della povertà e della
generosità, dell’umiltà e dell’obbedienza, della castità e della purezza. Agli
inizi del XIII secolo, nel contesto della rinascita delle città e del fiorire
del commercio, cresceva il numero di persone insensibili alle necessità dei
poveri. Per tale motivo, Antonio più volte invita i fedeli a pensare alla vera
ricchezza, quella del cuore, che rendendo buoni e misericordiosi, fa accumulare
tesori per il Cielo. “O ricchi - così egli esorta - fatevi amici… i poveri,
accoglieteli nelle vostre case: saranno poi essi, i poveri, ad accogliervi
negli eterni tabernacoli, dove c’è la bellezza della pace, la fiducia della
sicurezza, e l’opulenta quiete dell’eterna sazietà”».
dall’Udienza Generale, 10 febbraio 2010, di Benedetto XVI
La
nostra anima è come la madre di quel ragazzo, che nel silenzio anela alla vita
del figlio.
Così
l’anima anela a Dio perché tutta la nostra vita torni alla relazione con Colui
che è la Vita.
Il
Signore non rimane indifferente al nostro profondo anelito di risurrezione
dalla morte del peccato e ci dona ogni giorno una nuova speranza, una “nuova
vita”, in attesa della vita senza fine.
GRAZIE,
SIGNORE, PER IL DONO DELLA TUA VITA, CHE CI HA DATO LA VITA!
«Trafiggi, o
dolcissimo Signore Gesù, la parte più intima dell’anima mia con la soavissima e
salutare ferita dell’amor tuo, con vera, pura, santissima, apostolica carità,
affinché continuamente languisca e si strugga l’anima mia per l’amore e il
desiderio di Te solo. Te brami, e venga meno presso i tuoi tabernacoli, e
sospiri di essere sciolta (dai lacci del corpo) e di essere con Te. Fa’ che
l’anima mia abbia fame di Te, pane degli Angeli, ristoro delle anime sante,
pane nostro quotidiano, pane soprannaturale che hai ogni dolcezza ed ogni
sapore e procuri la gioia più soave. Di Te, che gli Angeli desiderano di
contemplare incessantemente, abbia fame e si sazi il cuor mio, e della dolcezza
dei tuo sapore sia riempita la parte più intima dell’anima mia: abbia ella
sempre sete di Te, fonte di vita, fonte di saggezza e di scienza, sorgente
dell’eterna luce, torrente di delizie, dovizia della casa di Dio.
Te sempre ambisca, Te
cerchi, Te trovi, Te si prefigga come meta, a Te giunga, a Te pensi, di Te
parli e tutte le cose faccia ad onore e gloria dei tuo nome con umiltà e con
discernimento, con amore e con piacere, con facilità e con affetto, con
perseveranza che duri fino alla fine. E Tu solo sii sempre la mia speranza e la
mia fede, la mia ricchezza e il mio diletto, la mia gioia, il mio gaudio, il
mio riposo, la mia tranquillità, la mia pace, la mia soavità, il mio profumo,
la mia dolcezza, il mio cibo, il mio ristoro, il mio rifugio, il mio aiuto, la
mia scienza, la mia parte, il mio bene, il mio tesoro, nel quale fissi e fermi,
con salde radici, rimangano la mente ed il cuor mio».
Vi lasciamo ad una testimonianza perfettamente in accordo con la domenica del Corpo e Sangue di Gesù. Carlo Acutis è un ragazzo di 15 anni partito per il Cielo nel 2006 a soli 15 anni. L'amore per l'Eucaristia lo ha portato a progettare persino una mostra dei miracoli eucaristici! Per saperne di più visitate il sito http://www.carloacutis.com.
Ecco un video per conoscere meglio questo straordinario ragazzo: