Vita da Frati...


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Qui potrai leggere qualche testimonianza di giovani frati in cammino.
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 Fra Massimiliano - Servire al Santo:
"Cosa stai cercando? Chi stai cercando?". Spesso questi interrogativi si affacciano alla mia mente mentre pongo lo sguardo sulle persone che vengono alla Basilica di Sant'Antonio e si dirigono alla Tomba del Santo per passarvi la mano in segno di devozione e affetto, per affidare le loro ansie, sofferenze, ma anche per esprimere la loro gioia, il loro grazie! Mi sembra di poter affermare che ciò che cerchiamo alla Tomba del Santo è l'incontro con qualcuno che ci possa dare sollievo e conforto. Sono molti i segni che parlano di quest'incontro: alcuni portano fiori al Santo (anche con cadenza settimanale), si fermano per un dialogo affettuoso con lui, e poi... qualcosa succede perché il loro volto cambia, come quando siamo intimamente
toccati da una parola, da un gesto rivolto a noi da qualcuno. Qualche volta ciò si esprime col pianto, come momento finale della resistenza che opponiamo al lasciarci amare... Da ottobre, sono stato chiamato a vivere il mio servizio domenicale in questo luogo. Esso consiste soprattutto nella presenza: il semplice stare. Non per fare la guardia o il sorvegliante, ma per pregare con il pellegrino, per farmi spazio accogliente per la vita del fratello, senza giudicare, ma riconoscendo di essere in cammino come lui. Basta poco per regalare una luce di speranza: un sorriso, un saluto, una stretta di mano, una preghiera. Spesso, però, riconosco di aver paura di rischiare... sì, perché è un rischio entrare nella vita dell'altro, non si sa cosa si può incontrare... talvolta, infatti, mi vengono affidate situazioni difficili, anche dolorose, per le quali posso fare ben poco, se non stare lì, impotente, e accogliere la persona che ho di fronte, lasciarmi coinvolgere dalla vita che ha condiviso con me. Ma è proprio lì che si rivela la bellezza di un momento di verità: l'incontro vero, infatti, dà gioia! La bellezza poi, non è semplicemente qualcosa di estetico, legato alla sensibilità, ma è la presenza dello Spirito di Dio che abita in noi! Per questo è importante la cura di ciò che facciamo in Basilica, per aiutare le persone ad essere incontrate da Gesù. La presenza accogliente dei frati, la liturgia e il canto ben fatti sono portatori di bellezza e possono toccare davvero il cuore della gente, come Sant'Antonio ha fatto e continua a fare. E, poco a poco, il cuore comincia a rispondere: "Il Tuo Volto, Signore, io cerco! Non nascondermi il Tuo Volto!" (Sal 26).

 Fra Alex - Frati da parrocchia:
Quale immagine può venire alla mente per descrivere il mio servizio in parrocchia? Se torno ai tempi in cui ero più giovane, è senz’altro il ricordo di alcuni seminaristi, che a volte per un anno, a volte più, prestavano servizio nei fine settimana nella mia parrocchia. Da piccolo le occasioni per incontrarli erano tutt’al più la messa o i gruppetti che si fermavano per chiacchierare e salutarsi dopo la funzione. Una volta cresciuto e diventato animatore, li ho visti come aiuto concreto nel dare sostegno e consigli nell’organizzazione della pastorale, fatta d i ritiri, veglie, preghiere e incontri vari. E ognuno di loro mostrava la diversità del proprio carattere: chi più socievole, chi più riflessivo, chi più estroverso, ma sempre una presenza confortante, gioiosa e desiderosa di mettersi in gioco con i propri talenti. Già, forse è questa l’idea alla quale anch’io vorrei rimandare nel mio sevizio in parrocchia: un “esserci” tutto sommato non indispensabile ma che “fa differenza”. Già solo il fatto di suscitare curiosità e domande (e la tonaca ne suscita tante, quando non spaventa i bambini piccoli!), mi dà l’impressione di portare una testimonianza che va oltre me stesso. E il “vivere la parrocchia”, esserne accolto, salutato e persino guardato stranamente da qualche bambino, sono un premio più che soddisfacente. Ci sarebbero molte altre cose da dire e raccontare ma piuttosto: voi lo vedete/vedreste bene un giovane frate nella vostra parrocchia?

 Fra Roberto - L'OPSA:
Ho iniziato il mio servizio all’Opera della Provvidenza Sant’Antonio (O.P.S.A.) di Sarmeola (Pd), lo scorso ottobre 2013, su richiesta dei miei formatori. Conoscevo poco o nulla di questa realtà e, il poco che sapevo, proveniva dalla condivisione da parte di alcuni miei confratelli che prima di me si erano sperimentati in questo servizio socio-caritativo. In precedenza c’ero stato di persona in occasione della Via Crucis che la A. C. Diocesana organizza ogni anno nella settimana Santa. Premetto che è sempre difficile condividere nei minimi dettagli e in pienezza quello che un’esperienza ti comunica e ti dona attraverso quel poco che tu stesso fai. Si dice che la prima impressione non è mai quella che conta, ma per fortuna tale affermazione non è un dogma; ti fa invece approcciare, privo di filtri, a quanto incontri. 

Il mio primo impatto entrando nel perimetro della struttura, il primo giorno, è stato “particolare”. Oltrepassato il grande cancello, mi sono diretto verso la portineria e ho osservato, cammino facendo, i numerosi vialetti del gigantesco complesso che si snodano attorno alla struttura. Vialetti che portano a due “motori” che portano ad amare Cristo in questi fratelli più piccoli del Regno (gli ospiti): la Chiesa, con l’adorazione quotidiana dell’Eucaristia, e la riproduzione della grotta di Lourdes, con la statua della B.V. Maria. Ho percorso, e percorro due giorni la settimana, mercoledì e venerdì, questi viali fioriti, lasciandomi ogni volta interrogare dalle medesime domande: “Dove sto andando? Verso chi?”. 

Premetto anche che nei miei primi due anni di convento, nel 2008 e 2009, ho già avuto modo di fare insieme ai miei confratelli un’esperienza socio-caritativa assai simile, nell'Istituto Palazzolo di Grumello del Monte (Bg), anch’esso formato da nuclei abitativi che accolgono donne con handicap psico-fisici. Tornando a noi, oltrepassata la portineria, ci si ritrova in un lunghissimo tunnel che chiamano: “la galleria”. Ogni volta che la percorro resto colpito: essa fa un po’ da colonna vertebrale alla struttura, o meglio, fa un po’ da “tronco” all'edificio stesso. É curioso il fatto che in alcune fotografie fatte dall'alto, l’edificio somigli, giocando d’immaginazione, a un gigantesco albero. La galleria infatti è molto simile al tronco, i vari corridoi che la collegano ai vari padiglioni con i nuclei abitativi sembrano dei rami, e i ragazzi (gli ospiti), possono benissimo essere paragonati ai frutti, frutti squisiti di semplicità e allegria, pur nelle loro difficoltà. 

Queste persone danno sapore e calore alla vita di quanti donano un po’ del loro tempo: ai dipendenti, ai volontari, a me e alle Religiose che con affetto materno si prendono cura di loro. Sono stato destinato già dal primo giorno all’infermeria femminile, ma il mio affidato speciale è un bambino di quasi sei anni. A motivo della privacy, non posso fornire molti elementi descrittivi della storia del “piccolo principe”. Perché è così che è chiamato nella casa, soprattutto per il suo temperamento: il principino. 

Poche cose posso dire di lui: che ha subìto un delicato intervento chirurgico e che è stato alimentato artificialmente fino all’età di quattro anni. A volte necessita, soprattutto di notte, anche dell’ossigeno. Il mio stare con lui richiede semplicità, ma anche grande creatività, perché è molto volubile dal punto di vista del gioco. Stare con lui mette in moto un bel senso di paternità che come frate francescano sono chiamato a dare, mostrando, per quel poco che posso, briciole dell’amore e della presenza di Dio Padre. Per questo affermo come pennellata finale della mia condivisione che tra i tanti giochi, tra i quali non manca la realizzazione di barche di carta in quantità industriale, c’è stato anche il gioco della fede. Casualmente un giorno, a seguito anche del suggerimento di una suora e delle operatrici del reparto, ho provato a “studiarmi qualcosa” per poterlo portare fuori dal box in cui lo pongono per giocare. L’obiettivo sarebbe quello di farlo camminare da solo, cosa che attualmente riesce a fare, ma solo se sorretto da qualcuno. Grazie al consiglio di un’operatrice, ho posto un tappeto blu di gomma lungo due metri tra me e il box. 
Poi ho sistemato alcuni dei suoi giochi
preferiti sul tappeto, tra i quali:  una stella di plastica, un pezzo di costruzioni (Lego) e una piccola tartaruga. Aperto il box, mi sono messo all’altro capo del tappeto blu, dapprima con le braccia spalancate, pronte a donare un abbraccio, poi porgendo una mano. Ciò che desideravo trasmettergli era: “Ci sono, sono qui con te e per te. Fidati, puoi riuscire, ne hai la capacità. Puoi camminare da solo se vuoi”. 

Com’è andata?  Questo lo terrò per me, so però che, anche se è stato solo un gioco, mi ha fatto sentire che Dio Padre, nel suo immenso Amore per noi, ci dona sicurezza, ci aspetta a braccia aperte e anche con una mano tesa. Se cadiamo è lì con noi e sul sentiero ci pone dei bellissimi doni da raccogliere, doni che in verità abbiamo già, che ci sono già stati dati da tempo, ma che a volte dobbiamo riconoscere, riscoprendoli alla luce di quella vetta che è la Carità, l’unica; di quell’Amore, l’unico, che ci spinge verso Dio e verso gli altri. L’Amore non delude, mai. L’amore ricambia, sempre! Ed è uno dei doni che ho riconosciuto e raccolto qui, su questo tappeto blu dell’O.P.S.A. Questo è stato grazie anche al “piccolo principe”. Infine, non posso non condividere qualcosa sull’ispiratore della struttura, il frate cappuccino Mons. Girolamo Bortignon. Guardo sempre con stupore la sua statua che si erge in posizione benedicente tra la chiesa e la portineria della struttura. Lo scorso gennaio la zona di Padova, e soprattutto Sarmeola, è stata colpita da una grave alluvione che ha causato parecchi danni ad alcune abitazioni. La situazione era critica, l’acqua non si fermava proprio. In quei giorni in cui ero di servizio ho visto medici, operatrici, suore, sacerdoti, pregare incessantemente durante l’adorazione  che si fa ogni giorno, per chiedere un aiuto al Signore, affinché il pericolo fosse allontanato. Forse esagero, ma in cuor mio ho sentito una vocina che diceva: “L’acqua qui non entrerà, c’è questa statua, e tutto ciò che essa rappresenta, a far da angelo custode e da intermediario a questi piccoli principi del Regno”.

 Fra Gabriele - I poveri evangelizzano:
Fare esperienza di Gesù come salvatore trasforma il cuore nel tempo, spingendo a restituire questo amore nel mondo e spesso tra i poveri.
Il dono di Gesù nella mia vita mi ha portato a scelte radicali, non per il gusto di fare nuove esperienze o per provare nuove emozioni, ma come conseguenza. Si tratta proprio di un’esigenza d’amore che cresce nel tempo.
Questo è quello che sperimento stando anche in una comunità per minori in affido. Qui incontro ragazzi che, fin da piccoli, hanno saggiato ogni sfumatura del dolore. Stare al loro fianco è un’esperienza di ascolto, discrezione e pazienza. L’opera di evangelizzazione è anzitutto ricevuta: qui incontro le piaghe di Cristo ancora purulente, il volto sfigurato e il sangue che sgorga dalla fronte. Icona del mio servizio è il buon Pastore che porta la pecorella smarrita sulle sue spalle. Questa è la parte fondamentale della mia presenza come frate. Da parte mia la prima risposta a queste vicende dolorose è la prossimità discreta e priva di giudizi, ma anche la fermezza di colui che argina lo straripare del male e di ogni azione violenta, avendo sperimentato nella mia vita che il bene edifica e dona uno sguardo lungimirante. In più si aggiunge un elemento importante: la preghiera. Oserei dire che essa è il balsamo più prezioso, ma costa molta fatica, perché mette in discussione la mia fede! La preghiera è una forza d’amore, non una magia. Mette in relazione anzitutto me stesso con il Signore. Eppure Gesù stesso ci dice che tutto è possibile per chi crede e prega, cioè, per colui che ormai vive, ascolta e vede come Lui stesso, al punto da affermare che «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Fil 2,20), «Avendo in sé gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Questo è un percorso iniziato e non un traguardo raggiunto.
Certo, in questa mia esperienza con questi ragazzi l’aspetto educativo non è estromesso, anzi, è primario e fondamentale. C’è un continuo dialogo e confronto con gli educatori, persone molto competenti. Io mi accosto alla loro ragguardevole preparazione ed alla loro esperienza. Ma non posso prescindere dal mio cammino personale segnato dal vero Maestro, Gesù, che mi educa alla vita buona del vangelo per darmi vita… e vita eterna! La mia vicinanza a dei ragazzi che vivono delle difficoltà, oggi come oggi, ha la sola pretesa del farsi prossimo come il buon samaritano. Talvolta essere come il buon samaritano comporta poche parole, ma un’attenzione profonda all’uomo ferito attraverso piccoli gesti.
Il grande dono della vita di Gesù per me fino alla morte in croce è il paradigma di un progetto che si fa anche sentimento, desiderio, spinta, ma soprattutto carne! Tutto nasce e progredisce nel Suo amore che purifica e rinnova, prima di tutto all’interno della fraternità dove vivo, grande dono del Signore. Tutto ciò non richiede acrobazie da circense, ma una vita “normale” per un frate, segnata dall'allenamento spirituale, dunque dall’incontro con la Parola di Dio, i sacramenti e il dialogo con le figure formative che mi affiancano.
 Ogni relazione ha la sua valenza nel momento in cui mi lascio incontrare da Cristo e io desidero incontrarlo. Solo così l’amore di Gesù permette di camminare dentro vie sconosciute, tortuose, intricate.

 Fra Roberto - Sotto la neve...Pane:
Nelle campagne del mio paese, Verolavecchia in provincia di Brescia, si erge la piccola chiesa detta “Madonna delle Cave”. Pieve costruita dai Frati Domenicani intorno al XVI secolo. La chiesa ha dimensioni simili alla Porziuncola di Assisi, tanto cara a Francesco, e per me questa piccola cappella ne eguaglia il significato. C’è un lungo viale in ghiaia che vi giunge, un tempo fiancheggiato da alberi da frutto, dove le persone colpite dall'arsura estiva o dalla pioggia autunnale trovavano ristoro insieme ai nostri piccoli fratelli piumati.  C’è un detto popolare che il Beato Egidio di Assisi, uno dei primi compagni del Poverello, apprezzerebbe di certo e che recita: “sotto la neve…pane”, profetizzando i frutti del raccolto dell’anno successivo. E a proposito di pane, qui ho trovato veramente ristoro e nutrimento spirituale, e il tutto è avvenuto sotto il manto di Maria (alla quale è dedicata la Pieve). Questo luogo è per me così importante, che mentre mi preparavo alla Professione Temporanea dei voti, durante l'anno di Noviziato ad Assisi, più di una volta mi sono chiesto se non fosse più opportuno aggiungere Maria al mio nome, anziché Pietro... come poi ho scelto.
Una delle ragioni per cui ho scelto il nome del primo apostolo è la dedicazione a lui della mia chiesa parrocchiale: è bello portarla spiritualmente con me!  Ogni volta che percorro a piedi quel viale che porta alla Madonna delle Cave, piccolo pellegrinaggio che non manco mai d'intraprendere nei brevi periodi che trascorro a casa, ho sempre occasione di fare memoria del mio cammino spirituale, riconoscendolo autentico dono del Signore. Questo luogo mi permette sempre di fare verità su me stesso: di rimettere cioè al loro posto i tanti pezzi del mio vissuto, quasi fossero tasselli di un puzzle che la preghiera e la contemplazione del creato riescono a ricomporre in unità.  Quando giungo alla chiesetta la trovo solitamente chiusa. È infatti accessibile ai fedeli solo pochi giorni all'anno: il giorno di Pasqua, il lunedì dell’Angelo e una settimana a Maggio, mese mariano. Confesso il desiderio, da sempre, di possedere le chiavi che aprono la porta di quel luogo benedetto, ma devo proprio riconoscere che il Signore ha realizzato questo mio desidero in un modo sorprendente e  impensabile! Ben altre chiavi ho ricevuto durante l’anno di Noviziato! Quelle della Basilica di San Francesco ad Assisi e della Basilica di Sant’Antonio qui a Padova! Grazie Signore che realizzi già nella mia vita quel centuplo che hai promesso nel Vangelo...
Tuttavia devo ammettere che "l'inaccessibilità" della mia cara chiesetta a Verolavecchia  mi fa sperimentare quanto Leopardi esprime nella poesia Il sabato del villaggio: c’è un gusto particolare più nell'attesa della festa domenicale, che nel trovarcisi. C’è quasi una gioia maggiore nell'avvicinarsi alla "mia" chiesetta più che nell’entrarvi!
Questo luogo è speciale anche dal punto di vista dei miei affetti personali...mi ricorda infatti il  mio nonno materno, Pietro...: una persona e un luogo strumenti dell’Eterno, con cui Egli ha dipinto i giorni più belli della mia infanzia.

Se volessi accostare una pagina di Vangelo a questi spazi che in me raccolgono tanta gratitudine, senza indugio aprirei Giovanni al capitolo 4, la Samaritana al pozzo: in un luogo di comune passaggio, di comuni necessità, nell'ora più calda del giorno, negli snodi fondamentali della mia vita, il Signore si è reso “accessibile”, mi ha invitato ad entrare nella Vita Consacrata, seguendo l’esempio di Francesco d’Assisi, e l’ha fatto in un luogo dedicato alla Sua e nostra madre, Maria.

 Fra Simone - Non temo alcun male perché Tu sei con me:
A mano a mano che gli anni passano e vivo esperienze, incontri, momenti di gioia e dolore… a mano a mano che sperimento l’agire di Dio nella mia vita, cresce in me il desiderio di ringraziare il Signore per quanto ho ricevuto e continuo a ricevere da Lui.  Vorrei brevemente ripercorrere con voi alcuni “luoghi” per me particolarmente significativi, tappe della mia vita che mi hanno condotto fino a vivere oggi in questa fraternità.
Tutto ha avuto inizio dentro il mio contesto familiare dove, fin da giovane, ho potuto respirare una fede semplice e genuina vissuta attraverso piccoli gesti concreti di solidarietà. In essa ho potuto crescere nella libertà e nella fiducia, libertà di poter essere me stesso, di poter maturare sia umanamente che spiritualmente. La testimonianza di vita che mi hanno trasmesso i miei genitori è stata per me fondamentale. I loro tanti anni di vita insieme mi dicono che cosa significhi amare ed essere fedeli, mi parlano anche di pazienza, aiuto reciproco e di perdono…  Essi mi hanno insegnato anche a vivere i momenti difficili della vita invitandomi ad aprirmi sempre alla speranza, speranza che non è fingere che i problemi non esistano, ma è sapere che essi non sono eterni , che le ferite guariranno e le difficoltà si supereranno…  
                                       
L’incontro con i frati minori conventuali  avviene a Camposampiero nel convento dei Santuari antoniani. Oggi non ho dubbi a credere che è stata la Provvidenza (che per me ha nomi e cognomi) a condurmi in quel luogo: è stato come trovare una sorgente d’acqua dopo tanti giorni di deserto. La disponibilità di un frate, immediatamente disponibile ad ascoltarmi con gratuità, mi colpì molto. Proprio con lui iniziai un cammino per poter fare verità dentro di me. Ricordo che mi invitava spesso ad andare in profondità e a chiedermi il “perché” del mio agire. L’accoglienza che sperimentai da lui e dagli altri frati di quella comunità mi fecero sentire come a casa: respiravo aria di famiglia…
Nei mesi che hanno preceduto il mio ingresso in convento è stato fondamentale, oltre al sostegno della mia famiglia, stare quanto più tempo possibile con il Signore per pregare e per capire se era proprio questo quello che Lui voleva da me…  Era importante “ritagliarmi” dei tempi di silenzio e trovare luoghi che mi aiutassero a pregare.
Il luogo che più amavo era il monte Grappa! Quante volte ho raggiunto a piedi questa montagna, partendo dal santuario della Madonna del Covolo. Quando arrivavo alla vetta, dopo tre ore di cammino, potevo godere di un paesaggio davvero bello: guardando verso nord vedevo le Dolomiti feltrine, mentre osservando in direzione sud riuscivo a scorgere persino l’Adriatico! È da sempre un luogo che mi predispone alla preghiera e in particolare a quella dei Salmi. È infatti il Salmo 23 che sta alla base della mia chiamata: “Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me”.
Nello sguardo che posava su di me, Dio mi invitava a seguirlo, a non avere paura; mi invitava a credere nel suo Amore, che vince anche la morte. Sotto lo sguardo di Dio mi sentivo finalmente libero e amato. Capivo anche che l’Amore di Dio è assolutamente gratuito, non è meritato e nemmeno guadagnato, ma è soltanto da accogliere e restituire… al mio “prossimo”.

Ecco allora quello che ogni giorno continuo a chiedere al Signore: la forza del Suo Spirito per poter  ricominciare sempre da Lui, per dire il mio sì alla vita, alla possibilità di dare quanto ho ricevuto. L’Amore!

 Fra Nicola - Attratto dalla bellezza di uno spazio di silenzio:
Era una domanda nel cuore, quella che portavo con pazienza dentro gli eventi quotidiani della vita e che muoveva una ricerca sincera nei primi anni della mia giovinezza: «Maestro, dove abiti?». Più permettevo a quell’interrogativo di risuonare dentro di me, più lo sentivo crescere nei solchi profondi della mia esistenza. Desideravo risposte, ma non sapevo bene dove cercarle: mi sembrava, che la cosa giusta da fare in quel momento, fosse quella di muovere alcuni passi verso una meta ancora troppo incerta. Cercavo fuori di me, ma non trovavo soluzioni, vagavo tra esperienze assordanti di facili emozioni, ma ero solo vittima di una tormentata confusione: eppure sentivo di essere stato cercato, desiderato, amato profondamente.
Poi ad un certo punto una svolta non programmata: ciò che prima vivevo come consuetudine, diventava ora esperienza di svuotamento a partire proprio da quei tempi di ritiro, di solitudine in cui sostavo in ascolto della Parola e in preghiera. Attraverso la loro semplicità, riconoscevo in me la presenza di un Tu dimorante, sempre più coinvolgente, appassionante per la mia vita. Più privilegiavo l’ascolto, più mi sentivo attratto dalla bellezza di uno spazio di silenzio in cui lasciar cessare tutte le attività umane, i pensieri, i sentimenti e poter riordinare tutta l’emotività: nel silenzio scoprivo un Dio a cui non potevo resistere.


Difficile forse spiegare come si creasse in me quel vuoto, ma più arduo rimane ancora il tentativo di delineare i tratti successivi a quell'esperienza piena di luce, di porte e finestre spalancate sulle diverse stanze buie della mia vita. Coglievo con il tempo che la mia stessa vita, attraverso l’incontro personale con il Signore, veniva alimentata, fecondata, riempita, trasformata e il vuoto che provavo, veniva colmato da una sorgente inesauribile di amore.

Un’esperienza di bellezza che mi ha condotto lentamente ad una scelta di vita: fare spazio alla presenza amante del Signore Gesù in quel piccolo vaso che sono tra le mani del suo vasaio.

 Fra Manuel - Con il Signore ci vuole molta pazienza:
Durante il primo ritiro dell’anno formativo il predicatore ha citato un teologo ceco, TomášHalìk. La considerazione che questo teologo fa circa la pazienza necessaria nel rapporto con Dio mi ha colpito molto. Egli afferma, semplifico molto, che “con il Signore ci vuole molta pazienza”, in quanto nel nostro rapporto con Lui nulla è immediato, automatico, scontato. Occorre infatti entrarvi con impegno e costanza, assecondando il dono di grazia dello Spirito, che sta all'inizio e fedelmente sempre ci accompagna nel nostro cammino di sequela del Signore Gesù, nella via che conduce al Padre. Il concetto mi è sembrato davvero ben esprimere un aspetto molto importante del mio cammino di discernimento vocazionale. Ma rovescerei dapprima la prospettiva nell'affermare che è Dio che, per primo, con amante e fedele pazienza, fin da bambino mi ha preso per mano. Attraverso alcuni suoi testimoni forti, quali il mio parroco don Antonio Milani e la mia catechista Franca, ha suscitato in me un primitivo desiderio di seguirlo. Così nel 1994 ho intrapreso il cammino in seminario minore a Tencarola. Lì, non finirò mai di benedire il Signore per questo, ho ricevuto i primi intensi rudimenti di vita fraterna e soprattutto di preghiera comunitaria e personale. Grande, anche qui, il gruppo di testimoni, tra i sacerdoti che mi han seguito, le suore e gli stessi compagni, attraverso i quali il Signore mi ha incoraggiato e sostenuto nel santo proposito. In seguito, a causa di una crisi in età adolescenziale, sono tornato in famiglia, credendo di aver ormai chiuso definitivamente la mia parentesi di vita religiosa.

Tuttavia, anche in questo caso il Signore mi ha lasciato andare e, come il padre del figliol prodigo, è rimasto sulla soglia di casa, aspettando il momento opportuno per richiamarmi, ri-attirarmi a Sé. Dopo un periodo di lontananza da ogni pratica religiosa, un giorno, riassettando la stanza, mi è capitato in mano il libro di preghiera che usavamo in seminario e che mi piaceva moltissimo.

Il provvidenziale ritrovamento ha acceso “antiche ed archiviate” passioni , ha riacceso in me una certa “nostalgia” di quel rapporto di confidenza e d’amore così trascurato. Questo momento di “distanza”, che per molti dura anni o addirittura non finisce mai, per me è durato pochi mesi, anche se mi sembra molto tempo ripensandoci. Chi mi conosce quasi certamente neppure si è accorto di questo “passaggio”. Allo stesso periodo appartiene un altro incontro speciale: quello con Francesco d’Assisi. Avevo in camera un altro libro a cui tenevo molto con 31 biografie di santi. L’unica che non avevo letto era proprio quella su san Francesco, un piccolo testo teatrale. Preso da questa scoperta con mio fratello lo recitammo davanti ai nostri genitori: un fallimento! Tale delusione mi ha, però spinto a cercare per fare chiarezza su questa strana ed interessante figura e poter realizzare un teatro su di lui. Grazie a questo lavoro sono entrato sempre più e con maggiore passione nella testimonianza del santo. Poi, con l’aiuto di un amico, ho incontrato i frati nella persona di padre Alessandro Brentari, al quale ho parlato del mio progetto, facendomi per molto tempo accompagnare nella purificazione e nell'approfondimento ulteriore della mia conoscenza del Serafico Padre.         
Di questo periodo la lettura del testo “Nostro fratello di Assisi” di I. Larranaga. Una sera, seduto da solo in macchina ad aspettare mio padre, leggendo una pagina di quel libro il Signore sollecitò una volta per tutte le corde più profonde del mio essere, ponendo in me il chiaro desiderio di seguirlo sulla strada tracciata da Francesco. Così i colloqui con padre Alessandro son divenuti colloqui di un primissimo discernimento vocazionale. Di questo tempo, in cui l’entusiasmo mi avrebbe fatto correre ovunque per realizzare il desiderio, ricordo una parola ben precisa e mille volte ripetuta in varie circostanze dallo stesso padre: pazienza.

Una parola per me così poco comprensibile ed accettabile, ma che mi si è stampata nel cuore e mi accompagna tutt’ora. Verso il termine della scuola superiore passai un bellissimo primo periodo in convento a Camposampiero dove la splendida, semplice e fraterna accoglienza dei frati mi ha confermato nella scelta di entrare. Credo che questo periodo sia stato davvero provvidenziale ai fini di prepararmi al “salto” dell’entrata in postulato, uno scalino necessario per provare e provarmi. Quando inizialmente accennai ai miei genitori questa scelta io credo che se l’aspettassero prima o poi. Ricordo con commozione vivissima le parole di entrambi. Ecco allora che nel settembre del 2003 sono entrato nel postulato di Brescia, periodo di graduale introduzione alla vita francescana conventuale, molto ricco di esperienze di formazione e carità. L’anno di noviziato è stato davvero molto sereno, ricco e speciale, in particolare a livello di formazione al rapporto con Dio e la Sua Parola, ai rapporti in fraternità, al servizio ecc. . Dopo la professione eccomi giunto al convento Sant’Antonio Dottore per i successivi anni di formazione. Qui l’approfondimento e la purificazione ulteriore del rapporto con il Signore e con i fratelli, fino alla maturazione del sì definitivo alla chiamata del Signore.

Anche qui la parola “pazienza” fa da filo rosso in quanto riconosco come Dio ce l’abbia avuta verso di me, nell’accompagnarmi puntigliosamente a crescere in modo particolare nella relazione di reale conoscenza di me stesso e nel rapporto con i fratelli e compagni di cammino. Quante volte lungo tutto questo cammino ho desiderato come all’inizio “correre” avanti e saltare passaggi di crescita necessari, quanta pazienza, come capacità di “stare” lì dove il Signore mi chiamava ad essere e lottare per una sequela sempre più intensa e sincera. Di questi anni anche la malattia della mamma che, oltre ad aiutare la crescita nel rapporto con la famiglia, ha fortificato il cuore e provato molto la fede ed il rapporto con Dio, facendolo maturare ancor di più. Non posso che innalzare con tutto il cuore cantici di benedizione a Dio che, in modo particolare tramite le figure formative, mi ha accompagnato con infinita pazienza ed amore.

 Fra Gabriele - Grazie Giulia:
Un incontro come molti altri, un evento ordinario; no, tutto questo non basta. Ha un valore aggiunto!

È quello che è avvenuto una sera di settembre a Bergamo, accompagnato da un amico. La famiglia Gabrieli spalanca la porta di casa anche per me. Scopro la bellezza di una famiglia unita, dove il lutto “prematuro” è accompagnato da profonda fede e dignità.
Giulia è tornata alla casa del Padre il 19 agosto 2011, proprio mentre a Madrid si stava svolgendo la via Crucis con il Papa. Una capitolazione che rispecchia il dramma di Giulia, che ha portato la sua croce fino all'ultimo con un carico di energia, di sorriso e di speranza tali da lasciare tutti di stucco, anche per chi non l'ha conosciuta, come il sottoscritto.

Ormai molti conoscono la storia di Giulia, che circola già da tempo sul web, ma a me colpisce molto ogni giorno di più la sua  bellezza e la sua gioia che traspaiono da ogni poro. La malattia non ha intaccato le sue virtù.

Giulia ci comunica come la vita è bella e come tutto è sprecato se non si ama: «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perchè Dio è amore» (1 Gv 4,8).
«L'amore del Cristo ci spinge» (2 Cor 5,14) ci direbbe Giulia, senza forzature di sorta, perchè è lei stessa che ha vissuto questa esperienza travolgente di Dio, che ha infiammato d'amore e di positività ogni suo prossimo. La sua tenacia, che l'ha portata a combattere contro la malattia come "soldato di Cristo", è di sprone per tutti noi!

Quello che però oggi mi colpisce, francamente, è come abbia potuto raccomandare ai suoi cari di lodare e ringraziare sempre il Signore, ancor prima di chiedere qualcosa nel suo Nome.
Ecco condensata bene la spiritualità di Giulia in questa preghiera di san Francesco:
«... Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine,
Tu sei sicurezza... » (Lodi di Dio Altissimo).
Una preghiera piena di passione e coinvolgimento; una preghiera matura che osa lambire vette che solo i santi raggiungono. Il TU dato a Dio da Giulia è davvero pieno e coinvolgente!
D'altronde Giulia e Francesco sono accomunati dal magnificare Dio, anche proprio nel bel mezzo del dolore e della malattia!

Desidero cogliere l'opportunità datami e la grazia profusa dal Signore (anche attraverso la famiglia Gabrieli) per riprendere il cammino di sequela con la convinzione che "fare la volontà di Dio" - baluardo inespugnabile di Giulia - è rispondere al richiamo d'amore di Dio.

L'amore per la sua famiglia, per i suoi amici e per la Chiesa; la profonda e filiale devozione mariana, la preghiera confidente presso gli amici del cielo (beata Chiara Luce Badano e sant'Antonio di Padova); il profondo rispetto per tutti ecc... Ecco soltanto alcuni degli ingredienti della sua santità di vita.

«Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?» (Rm 8,35).
Trovo che questa frase di San Paolo si abbini perfettamente alla vita di questa ragazza, lontana anni luce dallo stereotipo del cristiano annichilito dai precetti.

Grazie Giulia, per averci insegnato che nulla può separarci dall'amore di Dio.

 Fra calciatore, testimonianza:
"E' la storia di un calciatore promettente e di un pallone che finisce metaforicamente sull'altare.

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Graziano Lorusso a 16 anni calciatore del Bologna, convocato poi nella nazionale under 17 stava finalmente realizzando il suo sogno e quello dei suoi coetanei. Ce l'aveva fatta. Dai campetti del paese a stadi piu' importanti. E invece il vero sogno del centrocampista gravinese non aveva a che fare con il pallone. Graziano Lorusso cominciava a rendersene conto nel 1996, abbandonando i campi di calcio e rispondendo "presente" ad una chiamata piu' grande, con la contrarietà dei suoi compagni di squadra che stavano perdendo il capitano. Dopo un lungo cammino spirituale, il 20 aprile, alle 17.30, nella chiesa Cattedrale di Gravina, fra' Graziano Lorusso verrà ordinato sacerdote."




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