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La storia di Israele ci mostra
ancora la tentazione dell’incredulità in cui il popolo più volte è caduto.
L’opposto della fede appare qui come idolatria. Mentre Mosè parla con Dio sul
Sinai, il popolo non sopporta il mistero del volto divino nascosto, non
sopporta il tempo dell’attesa. La fede per sua natura chiede di rinunciare al
possesso immediato che la visione sembra offrire, è un invito ad aprirsi verso
la fonte della luce, rispettando il mistero proprio di un Volto che intende
rivelarsi in modo personale e a tempo opportuno. Martin Buber citava questa
definizione dell’idolatria offerta dal rabbino di Kock: vi è idolatria « quando
un volto si rivolge riverente a un volto che non è un volto ». Invece della
fede in Dio si preferisce adorare l’idolo, il cui volto si può fissare, la cui
origine è nota perché fatto da noi. Davanti all’idolo non si rischia la
possibilità di una chiamata che faccia uscire dalle proprie sicurezze, perché
gli idoli « hanno bocca e non parlano » (Sal 115,5). Capiamo allora che
l’idolo è un pretesto per porre se stessi al centro della realtà,
nell’adorazione dell’opera delle proprie mani. L’uomo, perso l’orientamento
fondamentale che dà unità alla sua esistenza, si disperde nella molteplicità
dei suoi desideri; negandosi ad attendere il tempo della promessa, si
disintegra nei mille istanti della sua storia. Per questo l’idolatria è sempre
politeismo, movimento senza meta da un signore all’altro. L’idolatria non offre
un cammino, ma una molteplicità di sentieri, che non conducono a una meta certa
e configurano piuttosto un labirinto. Chi non vuole affidarsi a Dio deve
ascoltare le voci dei tanti idoli che gli gridano: "Affidati a me!".
La fede in quanto legata alla conversione, è l’opposto dell’idolatria; è
separazione dagli idoli per tornare al Dio vivente, mediante un incontro
personale. Credere significa affidarsi a un amore misericordioso che sempre
accoglie e perdona, che sostiene e orienta l’esistenza, che si mostra potente
nella sua capacità di raddrizzare le storture della nostra storia. La fede
consiste nella disponibilità a lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata
di Dio. Ecco il paradosso: nel continuo volgersi verso il Signore, l’uomo trova
una strada stabile che lo libera dal movimento dispersivo cui lo sottomettono
gli idoli.
dall'enciclica
Lumen Fidei di Papa Francesco, n. 13
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